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I bambini sono scomparsi dai decreti. Ma bisogna occuparsi anche di loro. Concediamogli un’ora d’aria al giorno, evitiamo che si sentano sequestrati. Creiamo degli sportelli online che siano di supporto ai genitori e agli adulti che ne hanno bisogno…



Diamo ai bambini un’ora d’aria. Evitiamo che si sentano sequestrati

I bambini sono scomparsi dai decreti. Ma bisogna occuparsi anche di loro. Concediamogli un’ora d’aria al giorno, evitiamo che si sentano sequestrati. Creiamo degli sportelli online che siano di supporto ai genitori e agli adulti che ne hanno bisogno”.

Massimo Ammaniti, psicoanalista e neuropsichiatra infantile, parla ad HuffPost delle ricadute psicologiche dell’emergenza coronavirus sulle famiglie. “Dobbiamo attrezzarci perché abbiamo davanti una lunga traversata nel deserto. I bambini, che già all’interno dello sviluppo demografico italiano si riducono sempre di più, restano il nostro futuro. Abbiamo il dovere di valorizzarli anche all’interno di un momento così difficile in cui le preoccupazioni sembrano essere altre.

Professore, nei decreti anti-contagio non c’è spazio per bambini. Eppure in ballo c’è una generazione di 10 milioni di bimbi e ragazzi italiani chiusi in casa da settimane. E che lo saranno ancora per molto. Quale è il rischio di questa scelta?

“Bisognerebbe essere molto più attenti e garantire degli spazi di ricreazione all’aperto per il genitore e il bambino, evitiamo che questi si sentano sequestrati. Scendere a fare una piccola passeggiata o giù in cortile per mezz’ora o un’ora al giorno può solo far bene. Così come si possono portare i cani a fare i bisogni, diamo ai bambini la possibilità scendere a camminare, soprattutto quando vivono in case ristrette. Il Governo ha previsto dei contributi per le baby sitter, ma è parte della soluzione solo per chi fa smart working. Poi c’è un altro aspetto di cui parlare, e riguarda chi va a scuola. Qui giocano un ruolo importante gli insegnanti che devono essere in grado di organizzare il materiale di studio. Eppure ci sono molti casi in cui vengono dati compiti senza nemmeno spiegare le lezioni, per cui alla fine devono intervenire i genitori. In questo momento sia le scuole, sia gli insegnanti devono essere più attenti, usiamo meglio le risorse digitali”.

Prendiamo il caso di un bimbo che all’improvviso vede solo mamma e papà, che non incontra più i nonni, che non va più al nido o alla materna. Non scende più in piazza o al parchetto a giocare. Come ridurre al massimo l’impatto psicologico dell’isolamento?

“Intanto spieghiamo loro cosa sta succedendo. Ma non parliamo di virus, che è un’entità astratta. Raccontiamo che è come quando un compagno di scuola ha la tosse o il mal di gola e contagia gli altri. E questo sta succedendo anche agli adulti. Perciò è stata presa la decisione di stare tutti a casa. In questo momento di stress che i bambini stanno vivendo è importante essere particolarmente protettivi. Fargli fare le attività a cui era abituato e limitare, per quanto possibile, la televisione. Organizziamo la giornata in maniera regolare, utilizziamo tutti gli spazi casalinghi e di gioco. Evitiamo che i bambini sviluppino nuovi comportamenti, come per esempio andare a letto più tardi. Lasciamo dei punti fermi, evitiamo che saltino le norme che abbiamo introdotto fino ad ora. Conserviamo le loro routine, non facciamoli restare in pigiama tutta la giornata. E ricordiamoci che siamo anche di fronte a una grande occasione. Nella quotidianità viviamo di fretta, con tempi accelerati. Portiamo i nostri figli di corsa al nido e corriamo al lavoro. Usiamo questo tempo per occuparci di loro, vivendo una quasi seconda maternità”.  

Ma esistono anche situazioni limite. Bambini che vivono in famiglie numerose in case di 50 metri quadri,  figli di coppie che stavano divorziando, bambini ai quali i genitori non sono in grado di spiegare cosa stia succedendo, bambini costretti a convivere con genitori violenti. 

 “Casi come questi andrebbero gestiti con programmi di home visiting, ossia visita all’interno della famiglia, in cui un educatore o un giovane psicologo va lì ed è di supporto. Ma se già di norma i genitori tendono a rifiutare un intervento del genere, in una situazione estrema come questa del coronavirus è ancora più difficile. Una cosa che proporrei è di fare degli sportelli online che spieghino ai genitori come affrontare al meglio questa emergenza. Sia che li supportino nelle situazioni più critiche sia che consiglino come organizzare la giornata: quali attività fare, per esempio. Non dimentichiamo che ci troviamo tutti in una situazione complessa. Nei primi giorni in cui sono stati introdotte le restrizioni coltivavamo la speranza che si trattasse di un periodo breve. Prima sembrava fossimo di fronte a una corsa, ora ci troviamo ad affrontare una maratona”. 

Quali sono le difficoltà psicologiche che tutto questo comporta?

“Ci troviamo di fronte a una forte limitazione della nostra libertà individuale: non possiamo andare al lavoro, i bimbi non possono andare a scuola, gli adolescenti non possono uscire. La restrizione fisica può creare una specie di ansia claustrofobica: ovvero la paura di restare intrappolati in questa situazione. Altro problema è l’ansia legata a un obiettivo pericolo di contagio da coronavirus. Se da un lato questa è una reazione emotiva utile perché ci obbliga a trovare delle risorse, dei comportamenti, che tendono a proteggerci, dall’altro può diventare ansia accentuata. In questo caso invece di aiutarci ci blocca, crea stati di tensioni, somatizzazioni. Infine c’è l’ansia ipocondriaca: accade quando una persona tende a guardare continuamente se stesso, controlla la temperatura, si lava continuamente le mani, pulisce continuamente casa. Questa può bloccarci la vita perché genera comportamenti ossessivi. E ci fa vivere in una bolla fatta di rituali ossessivi e ripetitivi”.

Se poi ci mettiamo fattori come la perdita del lavoro, o difficoltà lavorative serie, o difficoltà familiari di ogni tipo, l’ansia aumenta. Come si può arginare?

“Per combattere l’ansia è fondamentale organizzare le giornate in modo da non soccombere alla depressione. Per esempio limitare la dipendenza dalle notizie. È meglio evitare il tritacarne da social network fatto di numeri, di morti, di notizie di ogni tipo. Sarebbe meglio invece ascoltare il telegiornale una o due volte al giorno. Manteniamo autodisciplina e autocontrollo: conserviamo i nostri orari, prendiamoci cura di noi stessi: facciamo yoga per la respirazione, ed esercizi per la schiena. Rimettiamo mano a tutte quelle cose che si sono accumulate. Lettere materiali, appunti. È un occasione per ritornare alle cose del passato e selezionare quello che è importante rispetto a quello che è secondario: questo ci aiuta organizzare una sorta di coerenza personale. Impariamo a tranquillizzarci: con il respiro ritmico, proviamo a creare dei rifugi mentali per tranquillizzarci e dove ritrovarci. Leggiamo, immaginiamo di viaggiare, cuciniamo a turno in famiglia, ritroviamo i nostri amici in chat. Ricordiamo che i traumi si possono sopportare meglio se condivisi”. 

Oggi abbiamo paura dell’altro. Quando torneremo a vivere insieme non c’è il rischio di una maggiore diffidenza? 

“Oggi quando camminiamo e incontriamo qualcuno ci allontaniamo. Quando vediamo dei film dove c’è gente che si incontra ci sembra strano. Ma sono sicuro che ricominceremo a vivere come abbiamo sempre fatto. Dobbiamo ricomporre le nostre relazioni e dimenticare questo periodo buio della nostra vita”

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